18 maggio 2016

Vivere/Sopravvivere

C'è una differenza sostanziale, sapete, tra vivere la vita e sopravvivere. Io la sperimento tutti i giorni, un po' a causa della routine impossibile che ho, un po'a causa del mio stesso carattere; la mattina, ad esempio, non posso dire con certezza di "vivere", quanto piuttosto di sopravvivere, o almeno cercare di farlo, alla scuola, a ciò che per me è ormai diventato il mio inferno personale. Questo perché non riesco a reggere l'ansia di avere qualcuno lì davanti a me che si aspetta qualcosa che io quasi sicuramente non posso dargli, che nella maggior parte dei casi aspetta con ansia che io metta un piede in fallo per godere della mia sconfitta, e quando non lo fanno i professori, ci pensano gli alunni.
La sera, invece, riesco a godermi a pieno la mia esistenza. Quando metto piede nella mia scuola di danza, tutte le mie paure perdono quella gravità e insistenza che mi soffoca togliendomi anche il sonno; è un'altra me quella che frequenta i corsi e da ogni volta il massimo, fregandosene di chi la guarda dall'alto in basso credendosi migliore. I miei insegnanti di danza ripongono in me, come in tutto il mio gruppo, moltissime aspettative e speranze, ma se per caso non riesco a soddisfarle, ecco che mi prendono a parte, mi spiegano dove sta il problema e mi insegnano, se non a risolverlo, almeno ad aggirarlo. Contenti loro, contenta io. Loro consono forse meglio di me le mie possibilità: quando mi urlano contro di tirare più su una gamba, è perché posso riuscirci, se mi dicono di osare di più su una posa, è perché posso tenerla, viceversa, se sanno che qualcosa non riesco a farla (come la spaccata ad esempio T.T) trovano il modo che non si noti, facendo risaltare i miei pregi. Perché se vinco io, allora hanno vinto anche loro. La danza è collaborazione, la scuola sembra più una guerra di tutti contro tutti (spudorata citazione di Hobbes).
Sostanzialmente è questa la differenza, nel mio caso io la vivo così, ma ognuno ha qualcosa che fa più cercando di sopravvivere piuttosto che godendosela, è perfettamente normale. L'importante è impedire che le preoccupazioni sopprimano la parte della nostra vita che più ci piace perché, in quel caso, non riusciremmo più a trovare una ragione per continuare a lottare. Io ho già toccato il fondo una volta, adesso mi sono ripromessa di non arrivare mai più a quel punto, perché potrei non trovare più un appiglio per rialzarmi. Se non si vive almeno un po' nella vita, che senso ha allora?